Di Stefano (Giovani Confindustria): serve un fondo europeo per l’intelligenza artificiale
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In Europa, «investiamo in intelligenza artificiale un miliardo all’anno. Poco. Occorre un fondo europeo per raccogliere investimenti pubblici e privati. Uno strumento finanziario e di incontro fra produttori e utilizzatori di tecnologie, ovvero Istituzioni, grandi industrie, Pmi e startup». Lo ha detto Riccardo Di Stefano, presidente Giovani imprenditori Confindustria, aprendo il 53esimo Convegno Nazionale dell’associazione, in corso a Rapallo.
In Italia servono investimenti significativi nell’intelligenza artificiale
«Anche all’Italia servono investimenti davvero significativi. Puntare su produzioni ad alto valore aggiunto è un passaggio cruciale che dobbiamo compiere come Sistema Paese. Dobbiamo farlo per restare competitivi. Dobbiamo farlo per creare posti di lavoro di qualità e ad alto reddito. Dobbiamo farlo anche per compensare un declino demografico che ci imporrà di fare di più mentre diventiamo sempre di meno», ha sottolineato Di Stefano. Il presidente dei Giovani inprenditori ha anche evidenziato che «creare veri campioni europei dell’Ai. Imprese di grandi dimensioni e pienamente operanti in questo mercato. Sempre che l’antitrust europeo non le stronchi sul nascere». L’intelligenza artificiale, ha detto Di Stefano, «è una delle grandi battaglie del nostro tempo, perderla avrà conseguenze economiche, politiche e di sicurezza».
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Ue sta distruggendo automotive, era leader mondiale
Di Stefano ha anche parlato di transizione ecologica e dell’automotive: «Un settore in perfetta salute, leader mondiale. L’Europa lo sta distruggendo! Oppure l’acciaio, il cemento, i metalli non ferrosi, il vetro, la carta, la chimica, la ceramica: settori hard to abate, spina dorsale del resto della manifattura, sempre più sotto tiro dalle politiche di transizione. Ma a Bruxelles sono andati avanti», ha detto Riccardo Di Stefano nel suo intervento al 53° Convegno Nazionale dell’ organizzazione imprenditoriale.
Ue ascolta chi brucia le piazze e non gli imprenditori
Secondo Di Stefano, anche l’approccio europeo alla transizione ecologica «dimostra una chiara debolezza europea nell’impostare politiche e risorse per rafforzare la sua industria. Per farci ascoltare avremmo dovuto bruciare le piazze o bloccare le strade come il movimento dei trattori? No. Imprenditori e lavoratori penalizzati dal Green Deal non hanno messo a ferro e fuoco le città. Eppure il movimento dei trattori, in un paio di mesi, ha ottenuto agevolazioni ed esenzioni. E l’industria e i lavoratori cosa hanno ottenuto? Solo aggiustamenti, dopo battaglie durate anni e, guarda caso, a ridosso della campagna elettorale europea». La richiesta al nuovo Parlamento e alla nuova Commissione «non è meno ambizione negli obiettivi ambietnatli, ma molto più pragmatismo. Tutti i partiti affermano di volere rivedere il Green Deal, vogliamo sapere come».
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