Quanto e dove possono essere utili le intelligenze artificiali a scuola

L’Ia può rappresentare un’opportunità straordinaria per ripensare l’istruzione aiutando gli insegnanti e personalizzando l’apprendimento degli studenti. Alcuni esempi

Difficile pensare a un’istituzione più resistente al cambiamento della scuola. Da quando è stata (ri)fondata nel nostro paese, nel 1923, con la Riforma Gentile, è rimasta sostanzialmente invariata per forma e contenuti, indifferente ai cambiamenti della società. Complice anche una certa maniera di raccontarla, che ha aiutato a percepirla come simulacro immutabile.

Recentemente, la stampa italiana ha riportato con una certa enfasi la notizia della prima classe senza insegnanti nel Regno Unito. L’articolo originale di Sky News parlava di “teacherless classroom” con cautela, usando le virgolette per sottolineare che non si trattava di un’assenza completa di insegnanti, bensì di un nuovo ruolo per i docenti, assistiti da “learning coaches”. Tuttavia, nel processo di trasposizione la stampa italiana ha fatto cadere le virgolette, procedendo a una ipersemplificazione di significato e suggerendo un quadro distopico e click-bait in cui i robot avrebbero presto sostituito i nostri validi insegnanti.

Questo fraintendimento riflette una tendenza della stampa a cercare il sensazionalismo, e più in generale a trasformare la tecnologia nel perfetto capro espiatorio. Così come è successo per un’altra notizia, in cui si è parlato di un professore “lasciato a casa dall’algoritmo” (e non da una burocrazia soffocante e insensata di cui quell’“algoritmo” è figlio), la narrazione mediatica della “tecnologia cattiva” s’adatta perfettamente a un ente immobile e immobilista perché racchiude in sé la mistica dell’oggetto magico o demoniaco, capace di risolvere ogni problema o di creare catastrofi, senza esplorare le sue vere implicazioni. La strategia usata è quella di gettare sabbia negli occhi: per questo è perfetto parlare di “intelligenza artificiale” al singolare, come se ce ne fosse una, superumana, che governa il mondo, e non una pletora di sistemi distinti – stesso gioco si fa con il tanto temuto “algoritmo”, appunto. La logica conseguenza è che in tal modo ci si preclude la possibilità di sviluppare un dibattito serio e profondo sull’introduzione della tecnologia nella scuola, alimentando paure infondate e ignoranza.

In realtà, l’IA può rappresentare un’opportunità straordinaria per ripensare l’istruzione. E non solo può: lo ha già fatto. Un esempio virtuoso è la Khan Academy, che ha sviluppato in collaborazione con OpenAI il chatbot “Khanmigo”, non per sostituire gli insegnanti, ma per aiutarli, personalizzando l’apprendimento in base alle esigenze degli studenti (per esempio, non fornendo loro la soluzione a un problema di matematica che gli sottopongono, ma accompagnandoli nel trovare una risposta, insieme), al contempo rendendo disponibili ai docenti dati preziosi sui progressi individuali. Gli insegnanti possono così far evolvere il loro ruolo da meri trasmettitori di conoscenze a quello di guida per gli studenti in percorsi di apprendimento personalizzati e più coinvolgenti.

Il concetto di innovazione tecnologica nella scuola non è nuovo. Un esempio storico è la trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi” di Alberto Manzi, che ha contribuito all’alfabetizzazione del paese (e non solo per i giovani e le giovani, all’epoca). Oggi, strumenti come Khanmigo aggiornano queste esperienze, permettendo una didattica personalizzata e accessibile a tutti, e dando la possibilità a genitori, docenti e studenti di avere delle viste personalizzate e contribuendo a diminuire sensibilmente la dispersione scolastica.

La vera sfida, semmai, si situa nell’automazione dell’erogazione dei contenuti didattici. Modelli come la “flipped classroom”, in cui gli studenti diventano protagonisti del loro apprendimento, o l’“adaptive learning”, che modula il ritmo delle lezioni in base alle competenze individuali, rappresentano un’opportunità per trasformare significativamente la scuola. Il processo richiede però una disponibilità alla collaborazione da parte degli insegnanti, innanzitutto verso una formazione adeguata, per non farsi superare in consapevolezza, come già oggi avviene, dai propri studenti.

L’opportunità è significativa non solo da un punto di vista economico o di facilitazione verso il mondo del lavoro: fornire gli strumenti per comprendere e utilizzare con senso critico le nuove tecnologie che avranno un impatto trasversale e profondo sulla società non dovrebbe essere un’opzione, ma un dovere dell’istituto che più di tutti dovrebbe preparare ed educare i cittadini del futuro ad affrontare il mondo contemporaneo in modo consapevole.

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