Urban data platform: come funzionano le città del futuro

L’analisi EY Smart City Index 2025 fotografa la trasformazione delle città italiane (i 109 capoluoghi di provincia), misurando le dinamiche della trasformazione ecologica, di quella digitale e dell’inclusione sociale, mettendo in relazione investimenti e comportamenti dei cittadini.

Al centro dell’analisi sono le infrastrutture digitali. La connettività Ftth (Fiber-To-The-Home), 5G e WiFi, la sensoristica e l’IoT (Internet-of-Things) che deriva dal processo di modernizzazione e digitalizzazione delle reti urbane, le centrali di controllo urbano, tutti quegli elementi che danno origine alle cosiddette Urban data platform, potenziate dall’Intelligenza Artificiale (AI).

Negli ultimi anni, l’implementazione di sensori nelle città italiane ha subito una spinta significativa, trainata principalmente dalle utilities e dalla diffusione delle centrali di controllo.

Questo fenomeno sta creando le condizioni per una trasformazione radicale nel modo in cui le città vengono gestite e monitorate, rendendole sempre più “smart” e connesse.

La settima edizione dell’EY Smart City Index 2025 ha rilevato la presenza di ben 18 diverse tipologie di sensori, ciascuna con funzioni specifiche e cruciali per il funzionamento ottimale delle città.

Tra questi, troviamo:

  • sensori per il monitoraggio del traffico, che permettono di ottimizzare i flussi veicolari e ridurre i tempi di percorrenza;
  • sensori per i parcheggi, che guidano gli automobilisti verso posti liberi, riducendo il tempo speso alla ricerca di un parcheggio e, di conseguenza, le emissioni di CO2;
  • Gps installati sui mezzi pubblici, che consentono un monitoraggio in tempo reale e una gestione più efficiente del trasporto pubblico;
  • smart meter per le reti energetiche e ambientali, che permettono un consumo più consapevole e sostenibile delle risorse;
  • sistemi di videosorveglianza, che migliorano la sicurezza urbana;
  • e sensori per il monitoraggio ambientale, che tengono sotto controllo la qualità dell’aria ed altri parametri ambientali.

Le 3 esigenze che trainano la crescita dei sensori

La diffusione di questi sensori è stata notevole e in costante crescita. Nel 2022, l’88% dei capoluoghi italiani aveva al massimo una decina di sensori diversi. Nel 2024, questa percentuale si è ribaltata: l’80% dei capoluoghi si attesta ora su una quantità di sensori che va dalla decina in su, arrivando fino a 17-18 tipologie diverse.

Questo incremento è dovuto principalmente a tre esigenze:

  • la pianificazione basata sui dati di effettivo utilizzo, che permette di ottimizzare i servizi urbani in base alle reali esigenze dei cittadini;
  • il controllo in tempo reale, che consente una risposta immediata a eventuali criticità;
  • e una manutenzione più efficiente, che riduce i costi e migliora la qualità dei servizi.

Le città maggiormente “sensorizzate” sono le città metropolitane e le città medie e piccole che fanno riferimento alle principali multi-utility del nord Italia. Questo
fenomeno è dovuto in parte alla maggiore disponibilità di risorse economiche e tecnologiche, ma anche a una maggiore sensibilità verso le tematiche della sostenibilità e dell’innovazione.

Le centrali di controllo in ambito urbano

Parallelamente alla diffusione dei sensori, si è assistito anche a un incremento delle centrali di controllo operanti in ambito urbano.

Nell’analisi sono state considerate tre tipologie di centrali:

Queste centrali si sono diffuse rapidamente nelle città italiane: un quarto dei capoluoghi ha attive due tipologie diverse di centrali operative, e il 13% ha tutte e tre le tipologie, a fronte di un 12% che nel 2022 risultava avere al massimo due tipologie.
La dimensione della città gioca un ruolo rilevante in questo contesto. Infatti, 10 delle 14 città che hanno tutte e tre le tipologie di centrali sono città metropolitane.

Questo è dovuto in parte alla maggiore complessità gestionale delle grandi città, ma anche all’azione di alcuni finanziamenti europei, come il PON Metro, che hanno permesso di accelerare il processo di trasformazione digitale delle città.

Il cittadino sempre al centro, anche nelle Urban data platform

Nella concezione tradizionale e “tecno-centrica”, la città appare satura di sensori che ne monitorano, controllano e gestiscono le dinamiche, generando un’enorme quantità di dati sul funzionamento urbano.

Tuttavia, i cittadini hanno un accesso limitato a queste informazioni, che rimangono confinate all’interno di piattaforme dati specifiche senza favorire lo sviluppo di servizi innovativi.

Al contrario, in una visione rinnovata e “human- centric”, i dati più rilevanti sono quelli generati direttamente dai cittadini attraverso i loro smartphone.

Questi dati non si concentrano tanto sul funzionamento “hard” della città, come trasporti ed energia, quanto piuttosto sulle interazioni sociali, contribuendo a valutare il livello di inclusività urbana.

Il Digital engagement del cittadino diventa cruciale ovvero la capacità di coinvolgere attivamente i cittadini nella vita della città attraverso strumenti come la partecipazione elettronica, i social network e le app di segnalazione.

Questo approccio crea un rapporto più diretto, mediato unicamente dalla tecnologia.

Mentre il modello “tecno-centrico” si limita a una fruizione passiva dei servizi digitali offerti dalla smart city, il modello “human-centric” incoraggia i cittadini a riappropriarsi dei propri doveri, prendendo decisioni sia per sé stessi che per la collettività sulla base dei dati forniti dalla città e, nel rispetto della privacy, condividendo informazioni sulle interazioni sociali urbane.

Autore del post: Agenda Digitale Fonte: https://www.agendadigitale.eu/ Continua la lettura su: https://www.agendadigitale.eu/smart-city/ey-smart-city-index-2025-urban-data-platform/


Il Ministero delle Pari Opportunità finanzia il tuo corso digitale

Dipartimento Pari Opportunità

Chiedi tutte le informazioni a [email protected]

Partecipa ai corsi gratuiti

Articoli Correlati

Psycho-hacking: il lato oscuro dell’ingegneria sociale

Lo psycho-hacking è una forma avanzata e più subdola di ingegneria sociale, che sfrutta deliberatamente e strategicamente le vulnerabilità psicologiche proprie dell’essere umano per raggiungere specifici target di attacco. Conoscerne i rischi e gli obiettivi per difendersi
L’articolo Psycho-hacking: il lato oscuro dell’ingegneria sociale proviene da Agenda Digitale.