L’Intelligenza artificiale nell’urna

Rendere l’Intelligenza Artificiale sicura in vista del «più grande anno elettorale della storia». La faccenda è seria. Grazie alle varie chatbot e altre diavolerie è ormai possibile manipolare e orientare il voto democratico digitalmente: diffondendo fake news che mettono in cattiva luce gli avversari politici o raccontano fatti e dati falsi, raccogliendo informazioni private sugli elettori in modo da confezionare programmi elettorali “su misura”, raccontando eventi mai avvenuti o gonfiare risultati, spiando l’avversario per prendere le opportune contromisure, inventando falsi commenti sulle piattaforme degli altri politici in modo da creare uno “sciame” di critiche contagiose che inducono i navigatori a cambiare parere (calunniate, calunniate qualche cosa resterà, diceva Voltaire, oggi si direbbe calunniate in Rete). E ancora: traduzioni manipolate, profili falsi, testi e immagini distorte, falsi siti informativi che di informativo non hanno nulla. In particolare, è stata chiusa un’operazione originata dalla Russia conosciuta come Doppelganger, che ha usato i modelli di Intelligenza Artificiale per generare commenti in inglese, francese, tedesco, italiano e convertire articoli di notizie in post sui social.

A lanciare il monito è stata l’Onu, proprio nei giorni in cui due colossi tecnologici, OpenAI e Meta, smantellano campagne di disinformazione che hanno usato l’Intelligenza Artificiale provenienti da Russia, Cina, Iran e anche da una società privata con sede in Israele.

Come è noto questo è l’anno in cui oltre la metà del mondo è andato o andrà alle urne. Il settimanale The Economist ha calcolato che sono oltre 70 in Paesi abitati da circa 4,2 miliardi di persone, più della metà della popolazione globale. Ha già votato il Bangladesh (170 milioni di abitanti). A metà marzo Vladimir Putin ha ottenuto il suo plebiscito presidenziale per estendere i suoi 24 anni di leadership in Russia (in parte da presidente e in parte da primo ministro). Si è appena finito di votare con elezioni “mammut” in India e in Messico. Giovedì si inizia a votare per il Parlamento europeo (da noi sabato 8 e domenica 9 giugno). Poi sarò la volta della Gran Bretagna e il 5 novembre ci sarà la sfida per la Casa Bianca tra Trump e Biden.

Una progressione di consultazioni che accresce le preoccupazioni di intromissioni. La grande novità è che a interferire nell’urna non sono soltanto possibili leader di partito “interni” ma addirittura nazioni estere, desiderose di imporre il loro imperialismo attraverso il digitale, a cominciare da Mosca, Pechino e Teheran.

«Abbiamo fatto uscire il genio dalla lampada, ora siamo in una corsa contro il tempo, è fondamentale rendere sicura l’Intelligenza Artificiale», ha detto Doreen Bogdan-Martin, capo dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni delle Nazioni Unite all’apertura del vertice globale AI for Good a Ginevra. «Abbiamo un’opportunità unica per guidarla a beneficio di tutte le persone del mondo» ma, ha sottolineato, «l’uso improprio minaccia la democrazia, mette in pericolo anche la salute mentale dei giovani e compromette la sicurezza informatica». Ci vorrebbe un “sistema dome” anche nel camnpo digitale ma il cyberspazio è un oceano in cui può navigare di tutto. Non siamo all’anno zero, ma arginare l’IA utilizzata come un’arma di guerra, con soluzioni progagandistiche che nemmeno Goebbels si sarebbe sognato, coi metodi tradizionali della Vecchia Europa e dellì’Occidente, come le leggi, le normative e le direttive, in un campo tanto grande e in un mondo così diviso, sembra davvero velleitario.

 

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