Diagnosticare l’autismo con l’intelligenza artificiale: “Mai così precoce”
Condizione inserita nel cosiddetto “spettro autistico”, che include anche la sindrome di Asperger e il mutismo selettivo – come riporta la quinta edizione del Diagnostic and statistical manual of mental disorders, il manuale di riferimento per i disturbi relativi alla sfera della salute mentale – l’autismo è contraddistinto dall’incapacità di interagire con il mondo esterno. Oggi, spiega l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, si stima che in generale oltre un bambino su 100 abbia un disturbo dello spettro autistico.
In Italia, 1 bambino su 77 di età compresa tra i 7 e i 9 anni presenta questo disturbo, con una prevalenza maggiore nei maschi (4,4 volte in più rispetto alle femmine). In merito alle cause dell’autismo, l’Istituto Superiore di Sanità precisa che “tutt’oggi non vi è una teoria unificante che possa spiegare la sindrome secondo un modello lineare di causa-effetto”. Da qui l’importanza dello studio condotto dal team di Mohamed Khudri dell’Università di Louisville, nel Kentucky, sul ruolo dell’intelligenza artificiale per la diagnosi precoce dell’autismo. I risultati dello studio, descritto sul blog dell’ateneo americano, sono visibili sulla rivista scientifica Biomedicines.
IA come valida alleata
Gli esperti hanno sviluppato un sistema di intelligenza artificiale di nuova concezione, attraverso cui hanno analizzato le immagini di risonanze magnetiche cerebrali di 226 bambini (legati al progetto Autism Brain Imaging Data Exchange-II) di età inclusa tra i 24 e i 48 mesi di età. Il set di dati includeva le scansioni di 126 bambini con autismo e 100 bambini con sviluppo normale. Ebbene, nell’identificare i bambini con autismo, la nuova tecnologia ha dimostrato una sensibilità del 97 per cento, una specificità del 98 per cento e un’accuratezza complessiva del 98,5 per cento.
La soddisfazione di Khudri: “Riteniamo che un intervento terapeutico prima dei 3 anni porti a risultati migliori, inclusa l’opportunità per le persone affette da autismo di raggiungere una maggiore indipendenza e un quoziente intellettivo più alto”. Dunque, “l’evidenza scientifica dimostra che l’IA può aiutare in concreto nella diagnosi precoce”, spiega a Today.it Oscar Mayora, responsabile dell’Unità di ricerca DHRes (Digital Health Research) del Centro Digital Health and Wellbeing della Fondazione Bruno Kessler.
Lo stesso ente di ricerca della Provincia autonoma di Trento ha ideato un centro sulla Digital Society che impiega l’intelligenza artificiale. “E proprio uno dei progetti che stiamo sviluppando è volto ad aiutare le persone con disturbi dello spettro autistico. L’iniziativa – continua Mayora – consiste nel contribuire allo sviluppo di tecnologie innovative basate sull’IA e sulla VR (realtà virtuale immersiva) per offrire soluzioni personalizzate e mirate”.
Inquadramento clinico dell’autismo
L’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri illustra che “spesso, purtroppo, la diagnosi di autismo viene fatta intorno ai 6 anni, quando il bambino inizia a frequentare la scuola e a manifestare le prime difficoltà”. Confermando che “una diagnosi precoce attorno ai 2 anni consentirebbe di poter attivare per tempo interventi terapeutici”. È bene precisare, poi, che l’iter diagnostico comporta il coinvolgimento di diversi professionisti (psicologi, psichiatri, neurologi pediatri e logopedisti) e prevede una serie di test valutativi; su tutti, un esame obiettivo in grado di stabilire il livello di sviluppo del linguaggio, del comportamento e delle capacità comunicative.
“Come anticipato – riprende Mayora – l’intelligenza artificiale può aiutare in modo tangibile nella diagnosi dell’autismo. Per esempio, attraverso l’analisi delle interazioni comunicative dei bambini durante le prime fasi dello sviluppo”. In tal senso, l’obiettivo principali degli studi in materia “è quello di identificare pattern e indicatori precoci di autismo nelle interazioni comunicative nei bimbi, per fornire una diagnosi più tempestiva e accurata”, conclude il responsabile dell’Unità di ricerca DHRes (Digital Health Research) del Centro Digital Health and Wellbeing della Fondazione Bruno Kessler.
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