Connessi ma isolati: quando la rete esclude e genera ansia
In un mondo always networked la paura dell’esclusione dalla socialità digitale può assumere diverse forme, sia da un punto di vista tecnico sia da uno psicopatologico, attualizzando, attraverso dinamiche metonimiche e meccanicistiche la definizione del tema. Due componenti centrali di quest’ultimo sono il digital divide e il Fomo.
Tutte le forme del digital divide
ll digital divide ha tante forme. Tutte hanno il comune denominatore dell’esclusione/inclusione dai benefici del progresso tecnologico e dalle innovazioni del web.
Il suo effetto catalizza nuove disuguaglianze strutturali, culturali e relazionali all’interno di ogni società, in cui che la popolazione si divide tra chi ha accesso a internet e chi gli è negato, palesando una diversa distribuzione e una conseguente criticità nell’uso delle tecnologie internettiane.
La seconda conseguenza, altrettanto importante, è che tale divisione esacerba la frattura posta tra la parte della popolazione in grado di utilizzare tali tecnologie e la parte che ne rimane esclusa, rendendo ancora più complessa la realizzazione di un dialogo sinergico e collaborativo tra nativi e immigrati digitali.
Il divario digitale si caratterizza come un contenitore che accoglie altre differenze di tipo socio-economico e soprattutto culturale.
Le categorie più minacciate dall’esclusione digitale
Tra le categorie più minacciate dall’esclusione digitale vi sono i soggetti anziani, le vittime del digital divide intergenerazionale, le donne e gli uomini inoccupati o in particolari condizioni, protagonosti del cosiddetto digital divide di genere, gli immigrati che patiscono un digital divide linguistico-culturale e in generale coloro che, essendo in possesso di inesistenti o bassi livelli di scolarizzazione e di istruzione, non sono alfabetizzati all’utilizzo degli strumenti informatici.
L’evoluzione del digital divide
Ma cerchiamo di contestualizzare la questione a livello temporale.
A partire dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso, si diffonde il pensiero secondo cui il mancato utilizzo di Internet possa dare luogo a una nuova forma di disuguaglianza sociale che si manifesta nel gap esistente fra gli information haves e gli havenots e che, pertanto, richiede l’elaborazione di una specifica politica pubblica riformista volta a tutelare effettive condizioni di equità rispetto all’accesso ad Internet.
Il 29 maggio 1996, Al Gore, il vicepresidente dell’amministrazione Clinton utilizzò l’espressione digital divide per indicare il gap esistente fra le due categorie sopracitate nell’ambito del programma K-12 education (“Kindergarten through 12th grade”).
L’evoluzione del digital divide può essere descritta utilizzando due differenti approcci. Essi consentono di analizzare aspetti peculiari del fenomeno, attraverso numerose variabili che influenzano l’accesso ad Internet, a livello sociodemografico e secondo l’incidenza di fattori economici e istituzionali.
- Il primo si attualizza nella tesi della normalizzazione e sostiene la progressiva neutralizzazione del divario informatico, che andrà gradualmente a normalizzarsi sino alla sua estinzione completa, nella prospettiva di un progressivo livellamento delle competenze digitali.
- Il secondo si basa sulla tesi della stratificazione che, invece, preconizza un crescente incremento delle disuguaglianze virtuali nate con la Rete, che, piuttosto che diminuire, sono destinate a reiterarsi nel tempo con effetti sempre più divisori e discriminatori tra gli inclusi e gli esclusi digitali.
I tre tipi di digital divide
È possibile distinguere tre tipi di divario digitale: globale, sociale e democratico.
- Il primo si riferisce alle differenze esistenti tra paesi più o meno sviluppati;
- il secondo riguarda le disuguaglianze endogene ossia esistenti all’interno di un singolo paese;
- il terzo focalizza le condizioni di partecipazione alla vita politica e sociale in base all’uso consapevole delle nuove tecnologie.
Quando si analizza tale fenomeno, è necessario evidenziare l’importanza di due fattori:
- la dimensione cognitiva che accusa l’assenza di conoscenze informatiche minime da parte di un individuo, il quale, pertanto, non è in grado di svolgere le più semplici attività virtuali attinenti al web;
- la dimensione infrastrutturale che evidenzia le carenze nella disponibilità di dotazioni infrastrutturali e di strumenti telematici necessari a consentire un’efficace navigazione.
In considerazione delle rilevanti implicazioni del divario digitale, esiste anche un indotto giurisprudenziale che attiene alla violazione dei diritti personali e afferma l’esistenza di un vero e proprio danno da digital divide, provocato dalla negazione dell’accesso, che impedisce all’individuo il regolare esercizio dei propri diritti online, configurando una particolare tipologia di pregiudizio, qualificabile come danno che, di fatto, nega l’inclusione.
Digital divide infrastrutturale e culturale
Altra differenziazione attiene al digital divide infrastrutturale e a quello culturale. Scendendo a un livello più concreto, possiamo individuare due casi:
- individui che non dispongono di connessione internet adeguata (digital divide infrastrutturale);
- individui che scelgono di non avere un abbonamento a internet (digital divide culturale).
Nonostante le i differenze, la prima è una situazione contingente, la seconda è una scelta consapevole, esse rappresentano, nella sostanza, le facce di una medesima situazione di svantaggio. Dati gli indubbi vantaggi della connessione e i costi ormai sostenibili, scegliere di non usufruirne appare come una scelta dettata da condizioni oggettive predeterminate da un deficit socio-culturale che nega l’utilizzo e l’esperienza delle nuove tecnologie.
In un’epoca tecnologica come la nostra siamo sempre più circondati da nuovi disagi psichici e forme di dipendenza comportamentali che trovano la loro origine proprio nell’uso eccessivo o nell’abuso della tecnologia generalmente intesa.
Nuove dipendenze digitali: paura di essere tagliati fuori (Fomo)
All’interno di queste fattispecie ne troviamo una particolarmente significativa rispetto alle sue implicazioni sulle nostre abitudini e alla nostra ineluttabile necessità di essere costantemente in connessione con gli altri: tale nuova dipendenza si chiama f.o.m.o.
Il termine è un acronimo, letteralmente fear of missing out, paura di essere tagliati fuori, che descrive la preoccupazione di essere esclusi dai social network e di patire una disconnessione prima digitale e poi squisitamente sociale. Chi patisce questo disturbo è ossessionato dall’idea di essere sempre aggiornato e sempre in contatto con le sue relazioni di tipo virtuale.
La F.o.m.o. è strettamente connessa con la dipendenza da smartphone in quanto questo specifico device, che ormai ci accompagna ovunque, ci permette di avere sempre l’opportunità di controllare i nostri social (Facebook, Twitter, Instagram, WhatsApp) e le nostre mail, di essere sempre raggiungibili in qualsiasi ora e in qualsiasi contesto noi siamo.
Il desiderio di essere connessi
Il desiderio di essere connessi nasce anche da un bisogno relazionale del tutto umano, la necessità di sentirsi appartenere ad un gruppo che condivide determinate idee e mode, il bisogno di comunicare e di stare con l’altro all’interno di un ambito circoscritto, è un tratto che ci distingue. Prima dell’avvento dei social le persone condividevano uno spazio fisico di incontro, di condivisione di stili di vita e di scambio di pensiero che avveniva nei circoli, nei centri aggregativi, nei locali.
Adesso grazie alla Rete questi luoghi comunicativi si dematerializzano, diventano virtuali come le chat che troviamo nei social come Facebook e Instagram. Nel web lo spazio e il tempo si neutralizzano e diventano immediati. Nel nostro tempo libero e nel lavoro i social diventano un luogo dove tendenzialmente spendiamo del tempo e all’interno della relazione virtuale, soddisfiamo il nostro bisogno di stare con l’altro e di essere connessi.
Questo rischioso comportamento è maggiormente rappresentato nella popolazione giovanile in cui il bisogno di affiliazione, di essere popolare è particolarmente evidente. Il problema intrinseco nell’adolescenza è dato dalla scarsa consapevolezza del limite, delle conseguenze di un gesto su sé stessi e sugli altri. L’adolescenza si nutre di emozioni forti e gratificanti e i social rappresentano una piattaforma dove tutto può avvenire senza un controllo, senza un limite e in modo esponenziale. Una foto di un compagno può essere postata e veicolata in altri luoghi, alterata, giudicata, schernita senza la possibilità di censura.
I social ti permettono di monitorare costantemente della vita degli altri, attivando processi di emulazione e voyeurismo mediatico-relazionale. Si costruisce il pensiero secondo cui che la felicità sia in relazione, non tanto alle esperienze reali, ma a quelle strettamente virtuali che sono quasi sempre piacevoli ma spesso svuotate di senso in quanto mero simulacro. Spesso rincorriamo un’esperienza virtuale fatta di frasi e immagini e non consideriamo quella reale, tangibile. I nostri profili social sono spesso concepiti per piacere, per essere cercati, giudicati con benevolenza e ricevere gratificazione e appagamento. Anche in questo caso la finzione rischia di obnubilare la realtà e per promuovere sempre più la nostra immagine siamo disposti a postare proiezioni di noi stessi molto fuori dall’ordinario.
Il rischio, quindi, è quello di avere minor possibilità di sviluppare un pensiero riflessivo su sé e sul mondo con conseguenze negative sul benessere della nostra persona, sull’ autostima e sulla propria personalità.
Le persone che soffrono di F.o.m.o. spesso sono persone che non si staccano mai dal loro device, lo portano sempre con sé, percepiscono veri propri stati di ansia se si ritrovano senza smartphone o in un luogo dove non esiste connessione.
Il bisogno impulsivo di controllare i social
Questa dimensione, più specifica della dipendenza dai devices, è la cosiddetta NoMoFobia, No Mobile Fobia.
Il bisogno impulsivo di controllare i social spesso ci rende dei phubber o meglio dei phone snubbing, delle persone che utilizzano il cellulare, o altri devices, in modi e contesti inopportuni.
Ci capita spesso di vedere persone che utilizzano il loro cellulare durante una funzione religiosa, un incontro romantico, una conferenza o una proiezione cinematografica, in famiglia oppure durante un pranzo al ristorante: tali individui rappresentano la vasta gamma di fattispecie che caratterizza il fenomeno sopracitato.
I nuovi strumenti di comunicazione fanno parte della nostra quotidianità e cadenzano le nostre esistenze, ci appartengono, tuttavia il rischio di sviluppare un rapporto ambiguo con i devices e i social network è possibile, per questo motivo occorre sempre mantenere alta la consapevolezza del bisogno emotivo che ci porta a utilizzarli, dello spazio che occupano nella nostra esistenza e dal valore e importanza che gli attribuiamo, ma soprattutto se, in qualche modo, non migliorano affatto, ma inficiano o danneggiano il naturale sviluppo della nostra vita reale.
Bibliografia
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K-12 è un’espressione americana che indica la gamma di anni di istruzione primaria e secondaria sostenuta negli Stati Uniti, che è simile ai gradi scolastici sostenuti pubblicamente prima del college in diversi altri paesi, come Afghanistan, Australia, Canada, Ecuador, Cina, Egitto, India, Iran, Filippine, Corea del Sud e Turchia. ↑
Esposito L., op. cit. ↑
Ferri P., op. cit. ↑
McGinnis P.J., Fomo Sapiens. Impara a decidere senza farti travolgere da un mondo pieno di scelte possibili, Rizzoli, Milano 2021. ↑
McGinnis P.J., ibidem. ↑
Autore del post: Agenda Digitale Fonte: https://www.agendadigitale.eu/ Continua la lettura su: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/connessi-ma-isolati-quando-la-rete-esclude-e-genera-ansia/
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