Streaming illegale, cosa rischia chi usa il pezzotto: ecco le norme
Ore contate per i furbetti del “pezzotto”. L’ultima mossa delle società che detengono i diritti di riproduzione sarà quella di inviare agli utenti che si servono degli strumenti per guardare illegalmente contenuti televisivi a pagamento, formali richieste di risarcimento per il danno subito.
Difatti, i fornitori del servizio hanno richiesto ed ottenuto dalle Procure competenti l’elenco con oltre duemila oggetti già sanzionati ai sensi dell’art. 174 ter LDA con lo scopo di diffidarli a pagar
Che cos’è il pezzotto
Il cosiddetto “pezzotto” è quell’insieme di sistemi hardware o software che consente la visione dei contenuti dei servizi di streaming (perlopiù di contenuto sportivo) forniti dalle piattaforme che hanno ottenuto in concessione i diritti di ripresa e riproduzione multimediale dalle federazioni sportive.
Come funziona lo streaming delle partite
Il sistema si avvale da una rete di server che, una volta acquisito il video del singolo evento con un abbonamento regolare, lo ritrasmette in rete “in chiaro” mediante canali gestiti, secondo un livello piramidale, da “broker” che vendono pacchetti mensili con cifre risibili quasi sempre pagate con carte di credito o altri sistemi di pagamento elettronico.
La regolamentazione dello streaming e il piracy shield di Agcom
Nel corso degli anni, il legislatore -su richiesta dei network e delle stesse federazioni sportive- ha introdotto una serie di norme tendenti a sanzionare sia chi organizza e dirige i servizi IP illegali che gli utilizzatori finali.
La legge ha anche dato il potere ad AGCOM di bloccare, con un sistema denominato “Piracy Shield”, i DNS e le VPN utilizzati per fornire il servizio, anche se non sono mancate le polemiche circa l’affidabilità dello stesso che, a causa di un errore di segnalazione, ad ottobre del 2024 ha bloccato diversi servizi di Google che non centravano nulla con la pirateria.
In ogni caso, AGCOM ha già rilevato la necessità di un aumento di risorse finanziarie dedicate «derivante dal crescente e non prevedibile fabbisogno dovuto a garantire il funzionamento in sicurezza della piattaforma».
Fa l’altro l’art. 174 – sexies L. 633/1941 (Legge sul diritto d’autore) impone l’obbligo di denuncia in capo ai prestatori di servizi di accesso alla rete, soggetti gestori di motori di ricerca e i fornitori di servizi internet, ivi inclusi i «fornitori e gli intermediari di Virtual Private Network (VPN) o comunque di soluzioni tecniche che ostacolano l’identificazione dell’indirizzo IP di origine, gli operatori di content delivery network, i fornitori di servizi di sicurezza internet e di DNS distribuiti, che si pongono tra i visitatori di un sito e gli hosting provider che agiscono come reverse proxy server per siti web».
Le ultime operazioni e le sanzioni per gli utenti del pezzotto
Fra le ultime operazioni, ne spicca una della Guardia di Finanza conclusa a giugno del 2025 che ha consentito di individuare circa seimila utenti mediante l’analisi incrociata degli IP, dei sistemi di pagamento e dei software di messaggistica (whatsapp e telegram) utilizzati dai promotori ed è di appena due giorni fa la notizia di una nuova operazione che, partendo da una verifica in un locale di Cagliari, ha consentito di effettuare sequestri e perquisizioni in Sardegna, Lombardia, Puglia e Sicilia con ramificazioni internazionali su cui peserà la collaborazione fra forze di polizia dei paesi coinvolti.
In ogni caso, l’art. 174 ter LDA punisce con una sanzione amministrativa da 154 a 5000 euro chiunque, fuori dai casi di concorso nei reati prevista dalla stessa legge, chiunque «abusivamente utilizza, anche via etere o via cavo, duplica, mette a disposizione, riproduce, in tutto o in parte, con qualsiasi procedimento, anche avvalendosi di strumenti atti ad eludere le misure tecnologiche di protezione, opere o materiali protetti, oppure acquista o noleggia supporti o servizi audiovisivi, fonografici, informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni della presente legge, ovvero attrezzature, prodotti o componenti atti ad eludere misure di protezione tecnologiche »; la legge prevede sia la confisca del materiale utilizzato che la pubblicazione del nome del trasgressore su quotidiani o periodici a diffusione nazionale e, se si tratta di attività imprenditoriale, viene disposta la revoca della concessione o dell’autorizzazione di diffusione radiotelevisiva o dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività produttiva o commerciale.
Fra l’altro, va segnalata una proposta in esame alla Camera dei Deputati finalizzata ad innalzare le sanzioni amministrative succitate che andrebbero da un minimo di euro 500 ad un massimo di euro 16.233,77.
In ogni caso, gli autori dell’illecito amministrativo riceveranno un verbale di contestazione con l’indicazione sia della norma contestata, sia le motivazioni a sostengo.
Appare chiaro che, se la strategia degli attori interessati è quella di arginare i danni economici derivanti dalla pratica illegale succitata, è anche vero che ogni danno va provato rigorosamente tenendo conto che gli interessati avranno sempre diritto alla prova del contrario al fine di contestare le eventuali richieste risarcitorie, anche provando di avere impugnato, ricorrendone i presupposti, la sanzione amministrativa ricevuta.
Autore del post: Agenda Digitale Fonte: https://www.agendadigitale.eu/ Continua la lettura su: https://www.agendadigitale.eu/documenti/giustizia-digitale/streaming-illegale-cosa-rischia-chi-usa-il-pezzotto-ecco-le-norme/
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